Il Medioevo contemporaneo: I “Vattienti” di Nocera Terinese

Articolo a cura di Claudia Stritof, tratto dal sito ART TOUR .

Vi racconto una storia: quella del paese Nocera Terinese e dei suoi abitanti. Il piccolo borgo è situato in provincia di Catanzaro, circondato da monti lussureggianti del verde incolto dei suoi alberi e dei suoi rovi, dove qui e lì si vedono pascoli di pecore e i suoi contadini. Un borghetto particolare, molto carino e ben curato dagli abitanti che sono ospitali e molto gentili come spesso accade nei paesini dell’entroterra calabrese, che hanno fatto della loro cultura mitica un punto di forza.
Nocera Terinese durante la Settimana Santa si anima grazie alla presenza di “fuori sede” tornati a casa per le vacanze, di turisti e reportagisti che giungono per ammirare il famosissimo rito dei “vattienti” (i flagellatori), che tingono il paese di color rubino, quello del loro sangue.
Appena giunti all’ingresso del borgo si ode il vociare dei fedeli e subito tra la folla si scorge la bellissima statua della Madonna con il Cristo portata a spalla dai membri della Confraternita vestiti in bianco con un serto sul capo che con grande devozione la fanno sfilare per le stradine inerpicate del paese molto lentamente, fermandosi sotto i balconi per benedire i suoi abitanti che bisbigliano delle preghiere percettibili solo per il muoversi incessante delle labbra.
Ad un certo punto in quella che potrebbe sembrare una normale processione ecco spuntare il primo vattiente. Esce dal portone di casa con al seguito la madre che bacia molto dolcemente. L’uomo è vestito con una maglietta nera e con un pantaloncino della stessa tinta arrotolato al pube, porta in testa un panno tenuto da una pesante corona di spine, in una mano porta il “cardo”, un disco di sughero su cui sono fissate con uno strato di cera indurita tredici schegge di vetro appuntite a simboleggiare i dodici Apostoli e la figura di Cristo, le punte sono di egual altezza fatta eccezione di una, più acuminata raffigurante Giuda e il tradimento. Nell’altra mano tiene in mano la “rosa”, un secondo disco di sughero liscio con cui percuote le gambe. Il vattiente è legato con un laccio ad un giovane simboleggiante l’Ecce Homo, proprio per sottolineare l’unitarietà delle due figure, di solito è un bambino con petto nudo e avvolto dalla vita in giù da un panno rosso che porta in braccio una croce rivestita da un nastro e sul capo porta un serto. Accanto a queste due figure vi è un terzo uomo, di solito un parente o un amico che versa sulle gambe del vattiente un infuso di vino e aceto per disinfettare le ferite e prevenire la formazione di croste.
Il suono del cardo percosso sulla carne è inconfondibile e subito sgorgano rivoli di sangue che creano una pozza rossa ai piedi del vattiente mentre i muscoli vibrano visibilmente per la tensione. E ancora: la rosa passata sulla gamba, il vino versato e di nuovo il suono del cardo e così fino all’inchino alla Madonna per poi proseguire nella sua corsa verso le diverse stazioni religiose del paese.
Mentre la Madonna prosegue il suo percorso, noi decidiamo di fare un giro per le stradine e arriviamo alla grande piazza che è ricolma di sangue secco sulle pareti, sul lastricato e sulle scale. Visiatiamo la bellissima chiesa e ad un certo punto di nuovo il suono del cardo sulla carne, esco di corsa e questa volta i vattienti sono tre, piuttosto giovani, che dopo aver sacrificato la loro pelle riprendono la corsa incessante, mentre le impronte dei piedi nudi sull’asfalto tradiscono la loro direzione.
Nel momento in cui la statua della Madonna rientra in chiesa un grande applauso risuona per le stradine del borgo e i vattienti sono ormai rientrati in casa dove le madri, le moglie e le famiglie nel frattempo hanno preparato un infuso caldo con rosmarino che lava la carne flagellata e cicatrizza i minuscoli fori sulla carne.
Alla visione del primo vattiente mi sono molto stupita, non riuscendo a scattare nemmeno una fotografia nei primi minuti a causa della scena surreale del sangue che scorreva copioso sulle sue gambe, come se all’improvviso fossi stata trasportata nel Medioevo a mia insaputa, ma realizzato ciò che stava accadendo è stato un momento molto emozionante. Sono stata percorsa da un brivido, cercando di capire il perchè di questa flagellazione e di questo male auto-inflitto, ma poi capisci che ciò a cui stai assistendo, non è una finzione come un fotogramma tratto dal film Shining di Kubrick, con le strade e le pareti impregnate con impronte di sangue, ma l’autenticità di un sentimento, quello religioso dei devoti, che comprensibile o meno che sia, adempiono ad un voto fatto per ottenere una grazia o perchè già ottenuta. Una speranza, un patto da assolvere ad ogni costo.
Questa è la storia di alcuni fedeli ed è la storia di credenze antiche avvolte da un’aurea mistica che oscilla tra sacro e profano, infatti diverse sono le teorie sull’origine del rito, storie di vita paesana e di riti popolari che continuano a vivere in un piccolo paesino calabrese, da visitare e condividere con i suoi abitanti, i noceresi, che di storie e leggende ne hanno da raccontare.



























- Testo e foto a cura di Claudia Stritof.
Esprimo il mio doveroso e sentito ringraziamento al carissimo amico "vattiente" Vito Curcio per la costante fornitura di materiale documentale sulla Settimana Santa di Nocera Terinese.