Quel sangue tra religione e passione


Articolo a cura di Serena Mauriello tratto da "IL TALENTO"
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A Nocera Terinese, cittadina della Calabria, il venerdì ed il sabato santo si ripete un “rito” conosciuto in tutto il mondo. I Vattienti seguono la processione della statua della Madonna autoflagellandosi. Tutto il paese è coinvolto nei preparativi, specialmente le donne. Una cerimonia caratterizzata da colore, rumore ed odore.
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Ogni anno, nella settimana che precede la domenica di Pasqua, ed in particolar modo il venerdì ed il sabato santo, Nocera Terinese, cittadina calabra arroccata nelle montagne in provincia di Catanzaro che offrono la vista del mare, macchia il suo chiarore di rosso. Rosso come il sangue, come il vino, come la passione. In devozione alla Madonna, decine di Vattienti (da vattere, termine dialettale per battere) si autoflagellano i polpacci e le gambe in un percorso che li vede unirsi alla processione trasportante una statua lignea della Pietà risalente al 1300 circa.
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Nocera Terinese ha circa 5000 abitanti, eppure la sua fama è mondiale. Non si contano facilmente gli studi, gli articoli, le tesi universitarie che analizzano quanto avviene durante la settimana santa. E' il rito del sangue, della passione di Cristo. Già da una quindicina di giorni prima della Pasqua, gli animi dei vattienti cominciano a vibrare, ma solo durante la settimana precedente iniziano i preparativi. Sono le donne ad avere un ruolo fondamentale in questo. “Prima di tutto noi prepariamo, per quasi una settimana, dei dolci tipici. Affianchiamo molto il vattiente, lo aiutiamo. […] Le offerte con il grano, ceci, lenticchie, germogliati per quaranta giorni sono messe in grandi vassoi, si chiamano i piatti, si devono portare il mercoledì santo al sepolcro. Sono i vecchi fiori di una volta, i fiori della gente povera. Li prepariamo insieme, ma sono portati dai bambini. Dopo il rito, non tutti lo fanno, ma mia mamma prepara un tavola e facciamo venire tutti gli amici accogliendo il vattiente. E' una settimana che lavoro al rito senza fermarmi, ci tengo e ci teniamo tutti, lo sento veramente. Il ruolo della donna è fondamentale, è alla base”, lo dice Nadia Curcio, sorella di un noto vattiente del paese, il primo ad aprire il rito, Vito.   


La mattina del venerdì santo, a Nocera Terinese l'aria è diversa, è vibrante. Le porte di casa sono aperte a tutti, perché “non c'è alcun motivo valido per non essere disponibili”, l'accoglienza è sacra, in particolar modo nella settimana santa. Il rosmarino viene messo a bollire in ampi tegami, emanando effluvi profumati che invadono i giardini e l'olfatto. Quello che ne risulta è una soluzione completamente naturale dalle alte proprietà cicatrizzanti. Verrà poi versata bollente sulle gambe del vattiente nella preparazione al rito, nuovamente, questa volta fredda, al termine di esso sulle ferite aperte. L'atmosfera è giocosa fino a quando, tra le 8 e le 8 e 30 di sera, la statua lignea della Pietà, amata dai noceresi a tal punto da esser chiamata Madonnanostra, non esce dalla chiesa, comincia il rito. Ogni vattiente perpetua il rito individualmente, non c'è un'organizzazione che accomuna i flagellanti. Nei catuoji (parola dialettale dall'etimologia forse araba, o dal greco catà= che sta sotto) essi si preparano prima con i bagni di rosmarino, poi picchiandosi le gambe con le mani e con la rosa,un disco di sughero spesso e dalle dimensioni di un palmo, in seguito con il cardo, della stessa forma della rosa ma con 13 punte di vetro, una per Gesù, 12 per gli apostoli incluso Giuda. Il primo sangue comincia a sgorgare, regna il silenzio tra i singhiozzi sommessi. Vestito completamente di nero in segno di lutto e incoronato da una corona di spine sante, il vattiente è legato alla vita da un cordone, il cui capo è nelle mani dell'Acciomu (storpiatura dialettale di Ecce Homo), un giovinotto anche di età infantile con una croce sulle spalle, una corona di spine più fina e leggera, vestito di drappi rossi. 


La prima cosa è il colore, il colore del sangue. I due legati a rappresentare un unico corpo, si completano l'un l'altro a simboleggiare il Cristo in due momenti differenti: nella presentazione al popolo da parte di Ponzio Pilato e nel suo calvario. Il cardo con veemenza viene battuto sulla parte posteriore delle gambe, il suono sordo rimbomba nel silenzio delle vie, nella serietà della piazza.
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La seconda cosa è il rumore, il rumore del cardo amato strumento d'ascesi. Una terza figura li accompagna, il portatore del vino. Simboleggiante l'aceto offerto a Gesù in croce, il vino acetoso ha il compito di disinfettare le ferite del vattiente.
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La terza cosa è l'odore, l'odore del vino misto a sangue. Fermandosi solo per flagellarsi davanti alla casa di amici e parenti, lasciando la benedizione della Madonna tramite uno stampo di sangue impresso con la rosa (in gergo rosata) amato e, talvolta, implorato dagli abitanti del paese, il flagellante arriva di fronte alla statua della Madonna. “L'unico pensiero ti appare là: nel momento in cui sei davanti la Madonna. Tu non vedi l'ora di raggiungere la Madonna. Nello stesso tempo, da quando si esce dal catuojio, fino a che non si arriva lì, c'è una forma di vero e proprio autoannullamento. Senti, avverti che c'è gente, fotografi davanti a te, ma non li vedi. Arrivato davanti la Madonna ci sono circa 1500 fedeli in processione, per me è come se non ci fosse nessuno. Li vedo dopo, al filmato che qualcuno mi regala, in dvd. E' una forma di autoannullamento che va a salire, inizia da appena si esce, una prima parte quando incontro mia mamma davanti alla porta, allora là cominciano a riaffiorare i ricordi, penso a papà che è morto. Si accumulano una serie di cose in maniera rapida. Sono filmati che girano nella mente. Dinnanzi alla statua sparisce tutto” è il momento di massima commozione, come ricorda Vito Curcio. Terminata la propria Via Crucis con i polsi incrociati in segno di penitenza, si ritorna al catuoio dove a seguito dei lavaggi il sangue smette improvvisamente di sgorgare. Vestiti gli abiti civili, Vattiente e Acciomu ritornano nella processione. Il giorno successivo tutto si ripete, ma l'atmosfera è nuova e festosa nonostante il sangue. E' la rinascita del Cristo.


[Foto di Jacopo Naddeo; si ringraziano Vito e Nadia Curcio per la testimonianza]
Esprimo il mio doveroso e sentito ringraziamento al carissimo amico "vattiente" Vito Curcio per la costante fornitura di materiale documentale sulla Settimana Santa di Nocera Terinese.